7. Nuove conoscenze

Background color
Font
Font size
Line height


«Arthur, parcheggia lì», trillò Lidya agitando una mano. «Sbrigati prima che qualcuno ci rubi il posto!».

Il ragazzo girò verso il punto che lei gli stava indicato e s'inserì nelle strisce disegnate sull'asfalto, poi spense il motore.

«Non vedo l'ora di dare un'occhiata ai negozi!». Liddy saltò fuori dall'auto, gli occhi scintillanti e l'espressione che non prometteva niente di buono. «Mi fermerò solo quando avrò trovato quel che cerco!».

«Scherzi? E chi avrà la pazienza di starti dietro?», le chiesi cercando di smorzare, in qualche modo, il suo entusiasmo. Non avevo alcuna voglia di rincorrerla di camerino in camerino.

«No che non scherzo! C'è il vestito da trovare, le scarpe, gli accessori, il trucco e qualche bel fermaglio per i capelli», continuò lei iniziando già a farmi venire il mal di testa. «E comunque, non c'è certamente bisogno che tu mi stia appiccicata per tutto il tempo».

«E tu credi davvero che ti lasci da sola, libera di spendere e spandere con la carta di credito di papà?», le chiesi ironica. «Tu sogni, Lidya!».

«Ma la mamma ha detto che potevo», piagnucolò incrociando le braccia al petto.

«Ma si è anche raccomandata di non esagerare». Jane le sorrise scompigliandole i capelli e lei abbozzò una smorfia.

Sapevo che non si sarebbe arresa tanto facilmente e in un modo o nell'altro sarebbe riuscita lo stesso a fare di testa sua. Il punto era che o davvero le stavamo dietro o lasciavamo che lei e Kitty se la sbrigassero da sole, e questo avrebbe significato mettere del denaro nelle loro manine bucate con conseguenze potenzialmente disastrose. A conti fatti, assecondare le sue manie da prima donna era il minore tra i due mali!

E come avevo previsto, fu una mattinata snervante. Le gemelle saltarono di negozio in nego-zio alla ricerca dell'abito perfetto e degli accessori perfetti, fregandosene completamente di qualsiasi cosa potessi dire. Io mi trascinavo dietro di loro seccata, guardando in continuazione l'orologio e pregando che arrivasse al più presto l'ora di pranzo. Certo, sarebbe stata una secca-tura maggiore se, appena partiti da casa, non avessi avuto la fortunata idea di passar a prende-re anche Charlotte, perché ero certa che non sarei riuscita a sopportare sia loro che Arthur sen-za un adeguato sostegno morale. Così ce lo dividevamo, un po' io e un po' lei, mentre instancabilmente continuava a parlare e vantarsi della sua amatissima contessa.

«Liddy!».

Fu istintivo girarmi nella direzione da cui avevo sentito chiamare mia sorella e il mio sguardo si posò su due ragazzi che stavano venendo nella nostra direzione.

«Denny!». Lidya saltò al collo di uno dei due, quello alto e biondo che aveva l'aria gracilina. «Che sorpresa! Volevamo appunto venire a trovarti oggi!».

La fissai truce, poi mi schiarii la voce per attirare l'attenzione su di me. Sembravo mio padre in quel momento, era proprio quello che avrebbe fatto lui, ma mi dava fastidio che mia sorella si prendesse la libertà di fare tanto l'estroversa con ragazzi palesemente molto più grandi di lei. Per l'età che dimostravano a vederli, potevano benissimo essere studenti di College!

«Lizzy, lui è Denny». Lidya ignorò completamente il mio tacito rimprovero e ci raggiunse di nuovo tirando il ragazzo per un braccio. «Mentre lui è...». Si bloccò rendendosi improvvisamente conto di non aver mai visto prima d'ora il suo amico.

«George Wickham», si presentò lui allungando subito la mano verso di me.

La fissai per un attimo, indecisa, poi gliela strinsi.

«Ma di solito mi chiamano Joe».

Alzai lo sguardo sul suo viso. Aveva gli occhi meravigliosamente verdi, i capelli castani e la pelle abbronzata. E poi era alto. Alto e con le spalle larghe. E aveva un sorriso bellissimo.

«Liz», sussurrai, nemmeno tanto sicura di averlo detto davvero.

«Perché non vi unite a noi», propose Lidya, ancora attaccata al braccio di Denny. «Stavamo giusto per andare a prendere qualcosa al bar».

«Sì, così ci racconti qualcosa di te». Kitty si appiccicò al braccio di Joe, cercando di imitare con più naturalezza possibile le moine della sorella, e lo allontanò da me sciogliendo l'intreccio dei nostri sguardi.

«Perché no!», disse lui sorridendo.

Lo guardai lasciarsi trascinare via da Kitty senza muovermi di un millimetro, imbambolata come una povera idiota. Charlotte mi tirò una gomitata scuotendomi, poi mi prese sottobraccio e entrammo anche noi nella caffetteria poco più avanti.

«E quindi cosa ti porta qui?», chiese Lidya succhiando dalla cannuccia del suo frappè.

«Sono ospite del Colonnello Forster. In realtà sarei dovuto arrivare la settimana scorsa insieme a Denny, ma ho avuto un contrattempo e ho dovuto rimandare».

«Beh, l'importate è averti qui, vero Kitty?», cinguettò Lidya da perfetta civetta quale aveva imparato ad essere. La gemella ridacchiò, assecondando il suo gioco ed io alzai gli occhi al cielo per poi guardare Jane con esasperazione. Lei ricambiò il mio sguardo con un'alzata di spalle, quasi a voler dire "Che vuoi farci?". E, infatti, che potevo farci?

La porta del locale si aprì di nuovo con un leggero cigolio ed io mi voltai istintivamente in quella direzione. Il mio sguardo incrociò quello di due occhi neri come l'ebano, occhi che conoscevo anche fin troppo bene.

«Accidenti!», imprecai sottovoce. «Ci mancava solo lui!».

Anche Jane si voltò verso la porta, ma la sua reazione fu praticamente opposta alla mia. Un enorme sorriso le si disegnò sulle labbra quando vide entrare proprio Charles Bingley e William Darcy. Anche Charlie ci vide e venne subito verso di noi.

«Che bella sorpresa!», esclamò con un sorriso a mille denti. «Stavo giusto pensando di chiamarti. Caroline sta organizzando il ballo e ha deciso la data... volevo avvisarti».

«Sul serio?», si intromise Lidya spostando improvvisamente tutta la sua attenzione su di lui. «E quando?».

«Il prossimo sabato. Verrete tutte non è vero?», chiese, ma quella sua domanda aveva un solo significato: "Tu verrai Jane?".

Lidya cominciò ad agitarsi.

«Cavolo, manca meno di una settimana e noi non abbiamo nemmeno trovato il vestito! Dobbiamo sbrigarci!». Poi, come ricordandosi all'improvviso degli altri due ragazzi esclamò: «Potreste venire anche voi!».

«Liddy!», la rimproverai subito. «Non puoi invitare altre persone alla festa di qualcun altro».

«Oh non preoccuparti Lizzy», si affrettò a dire Charlie. «È stata Lidya ad avere l'idea della festa. È libera di invitare chiunque voglia».

In quel momento William, che faceva tanto elegantemente l'asociale a qualche passo di di-stanza, si trovò a guardare i due ragazzi cui si riferiva Lidya e il suo volto diventò di pietra quando si accorse di Joe. Anche lui reagì in maniera inaspettata, sbiancando quasi e trattenendo il respiro per qualche secondo poi, cercando di riassumere un atteggiamento indifferente, fece un leggero cenno col capo in direzione di Darcy. William non ricambiò il suo saluto e si voltò dall'altra parte, contraendo forte la mascella.

Non credo che gli altri lo notarono ma a me non sfuggì di certo quel loro comportamento e ne rimasi davvero molto sorpresa. Possibile che si conoscessero già? E per quale motivo avevano reagito in quel modo nel vedersi?

«Perfetto, allora ti richiamo nel pomeriggio?».

Jane annuì e Charlie raggiunse Darcy che già si era avviato frettolosamente all'uscita. Guardai di nuovo Joe, ma sul suo volto non c'era più niente di quello che avevo visto appena pochi secondi prima e già rideva e scherzava assecondando le gemelle. Proprio come se niente fosse successo.

Qualche minuto più tardi anche noi lasciammo la caffetteria per dedicarci all'ultima ora di shopping prima di pranzo; naturalmente, Denny e Joe vennero con noi. E devo ammettere che la cosa non mi dispiacque.

Era piacevole stare in sua compagnia e anche se morivo dalla curiosità per quello che era successo in quella caffetteria, mi resi conto che non era solo quello a stuzzicarmi. Era proprio lui che m'incuriosiva, come persona, e improvvisamente mi trovai a desiderare di conoscerlo meglio. Lo trovavo un ragazzo davvero molto simpatico, spiritoso e piacevole in ogni suo aspetto. Aveva una risata fresca e contagiosa ed io non riuscivo a staccare gli occhi dai suoi. Mi dispiacque doverlo salutare quando finalmente le gemelle si decisero ad andar via dal centro commerciale.

«Grazie per la compagnia, ragazzi!», esclamò Lidya infilando borse e pacchettini nella mono-volume di Arthur. «E tu Denny, mi raccomando, non sparire!».

«Ti chiamo appena posso».

«Ma anche senza impegno».

Mi sfuggì senza che nemmeno me ne rendessi conto. È vero che era più piccolo di Joe, ma si era appena iscritto al College e ciò significava che aveva almeno quattro anni più di Lidya... decisamente troppo grande per lei, per i miei gusti.

Lidya mi lanciò un'occhiataccia.

«È stato bello conoscerti».

Joe mi tese di nuovo la mano e io gliela strinsi, stavolta senza esitazione.

«Allora ci vediamo in giro». Mi fece l'occhiolino e si allontanò con Denny verso la loro auto.

Pensai a lui durante tutto il tragitto fino a casa della zia Ruth. Pensai a lui e a Darcy. Perché adesso che l'avevo conosciuto un pochino meglio mi risultava sempre più incredibile quello che avevo visto succedere tra loro. Ed ero convinta che qualunque cosa ci fosse sotto, era roba gros-sa.

Quando arrivammo da nostra zia, le gemelle entrarono come un uragano, ciarlando come oche sulla loro mattinata e sull'incontro con Denny e il suo amico.

«State diventando noiose», commentai seccata. «Zia, ti ricordi di Arthur?».

«Il figlio di Collins? Ma certo che mi ricordo, eri un marmocchio foruncoloso e dispettoso l'ultima volta che ti ho visto... sei cresciuto molto», esclamò cordiale. «Su, dammi la giacca e accomodati».

Durante il pranzo, Arthur e zia Ruth parlarono soprattutto del Kent, del suo lavoro alle di-pendenze della contessa, della fortuna che aveva, della magnificenza di Rosings House e di tutte le altre cose noiose che avevo già sentito, ma le gemelle – che erano sicuramente molto più interessate ad altro – non tardarono a monopolizzare la conversazione fino a portarla dove voleva-no loro: George Wickham.

Zia Ruth conosceva molto bene il colonnello Forster e sua moglie, e Kitty e Lidya avevano sperato nel fatto che conoscesse abbastanza anche il loro giovane ospite. Rimasero molto deluse quando lei dovette ammettere di non saperne praticamente nulla e ne rimasi un po' delusa an-che io. Volevo sapere che cosa lo collegava a William Darcy... ormai era un tarlo nella mia men-te. E mi ero talmente fissata che, quando tornammo a casa, non esitai un solo istante a racconta-re a Jane dello strano comportamento di quei due, magari sperando che anche lei lo avesse nota-to e che insieme saremmo riuscite a fare ipotesi sensate.

«Gli occhi di William erano glaciali», dissi, ancora incredula al comportamento di quel ragazzo. «Non che normalmente siano diversi, ma sembrava quasi avesse visto un fantasma! E Joe... aveva un'espressione così strana...».

«Davvero?».

Annuii. «E quando ha cercato di salutarlo, William gli ha subito girato la faccia».

«Non saprei davvero che dirti», disse lei. «Magari è stata solo una tua impressione».

Scossi la testa. Sapevo cosa avevo visto.

«No, sono certa che si conoscano già. Ma perché comportarsi in quel modo?».

Jane arricciò le labbra un po' incerta. «Beh, comunque stiano le cose, secondo me dovresti evi-tare di immischiarti in ciò che non ti riguarda».

La guardai pensierosa per qualche secondo, poi mi strinsi nelle spalle.

«Forse...», dissi poco convinta.


You are reading the story above: TeenFic.Net

#austen