"But, that time, it was only for him... and it was twelve times more scaring"
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Particolare. Era l'unico modo che gli era venuto in mente per descrivere quell'imponente facciata scura.
Villa Malfoy era un luogo particolare. Particolare e inquietante. Le mura erano completamente nere, il marmo modellato nei più eleganti ghirigori e le finestre con il telaio in ferro lucidissimo. Poi c'era il prato, di un verde così scuro tanto da sembrare dello stesso colore delle acque torbide del Lago Nero di Hogwarts, che circondava l'enorme abitazione. Vi passeggiavano imperterriti una decina di pavoni dalle piume colorate, con la loro andatura lenta e vanitosa. Al centro del giardino torreggiava un'imponente fontana, anch'essa in marmo nero come la villa. L'acqua scorreva viscosamente dalla figura di un mago scolpito nel marmo, posto sulla cima. Stando a quello che Ive gli aveva raccontato quello era il primo Malfoy, che aveva dato vita alla purissima dinastia.
La signora Jones raggiunse il cancello in ferro. Anche quello era particolare, per quanto un cancello di ferro potesse essere particolare, con le sbarre sottili a forma di sinuosi serpenti che si intrecciavano tra loro. La signora Jones invece era una donna affascinante, ancora perfettamente giovane nei suoi quarant'anni, con i capelli biondi e morbidi arricciati sulle spalle e gli occhi sottili ben definiti da uno sguardo severo e imperscrutabile. Il volto, in quel momento semicoperto da un lungo mantello blu notte, era quasi sempre dipinto in un'espressione dura e decisa. La signora Jones sollevò con una lentezza sicura ed estenuante la mano destra e la portò a sfiorare l'orlo merlettato della manica del braccio opposto. Sempre lentamente, fece scivolare il tessuto pregiato, che solo una strega di un rango pari al suo poteva permettersi lungo la propria pelle bianca e pallida .
Era buio, quindi gli altri tre che erano con lei potevano solo intravedere, attraverso la luce di una delle lanterne del giardino, il simbolo che macchiava il suo avambraccio. La signora Jones lo sfiorò delicatamente con due dita, scrutando le ombre del giardino. Nel frattempo suo marito, il signor Jones, aveva fatto qualche passo e l'aveva raggiunta lasciando indietro i due ragazzi. Lui non aveva neanche la metà del fascino della moglie, o almeno non più. Da giovane era stato un bell'uomo con le ciocche bionde che delicate gli ricadevano sulle orecchie, ora invece ne era rimasto solo un mago dall'aria stanca che con i capelli ispidi di un colore misto tra il giallo e il grigio che camminava con aria di superiorità per il Ministero della Magia. Il loro unico figlio, Benjamin, si era voltato verso il suo amico.
Edward era visibilmente quello più teso di tutti lì. Sentiva come se l'aria intorno a se si comprimesse sulla sua pelle, nel tentativo di ridurlo ad un piccolo e inutile sassolino senza vita. Era talmente teso che un fremito lo aveva scosso quando, con un flebile bagliore verde, il cancello di Villa Malfoy si era aperto dando ai quattro la possibilità di entrare.
In quel silenzio perfetto, interrotto solo dai versi dei pavoni, risuonavano secchi i sibilanti passi del gruppetto che percorreva la stradina di lucide mattonelle per raggiungere l'entrata. La porta era, come il resto della casa, di un nero perfetto, lucido e così nero da non avere ombre. Era in legno con degli intarsi a forma di pianta che ne definivano il contorno. La maniglia era la cosa che più aveva affascinato Edward le varie volte in cui era andato lì da piccolo. Un serpente talmente dettagliato in tutti i suoi particolari da sembrare quasi reale, come se fosse un vero serpente trasfigurato in una statua d'oro. Il volto piegato in quella classica espressione che precede un attacco. La bocca aperta con i denti in mostra, aguzzi e lucenti, e la lingua allungata con la sua forma caratteristica divisa in due. Ad Edward sembrava quasi di poterlo sentire sibilare e gli vennero i brividi quando fu abbastanza vicino da riconoscere quello spaventoso particolare.
Anche la porta era aperta, ed Edward seguì i tre Jones all'interno della villa. L'ingresso era proprio come lo ricordava: due alti mobili in legno scuro costeggiavano il lungo corridoio che sembrava terminare in un immenso imperturbabile buio. Tra gli scaffali decine a decine gioielli (cimeli di famiglia dei Malfoy e dei Black) torreggiavano con un luccichio sinistro. Non c'era nemmeno una lampada ad illuminare quella tetra atmosfera e se Edward riuscì a non andare a sbattere da nessuna parte fu solo grazie a quella luce soffusa che arrivava dalla porta socchiusa del salone. I passi risuonavano nel silenzio che riempiva l'aria iniettandovi un qualcosa di terribilmente soffocante.
Tutto perfettamente identico alle numerose volte che era stato lì a giocare con Ive o per qualche cena tra famiglie Purosangue. Ma, quando la signora Jones spinse leggermente la porta con la sua superba eleganza, non gli apparve davanti la sua amica. Non c'era nessuna piccola Ive che veniva richiamata dalla zia perché, ancora una volta, non aveva legato i capelli prima di scendere a mangiare. Al suo posto c'era lo sguardo freddo e sanguigno del Signore Oscuro, che si era voltato a vedere i nuovi arrivati.
«Ah! Ellen, che piacere» disse con voce fredda «Lieti che vi uniate, e che vi siate riuniti, a noi. Robert»
Fu una sensazione raccapricciante. Era come se ci fosse una lotta interna tra il suo tono, che voleva essere vagamente accogliente, e la freddezza terrificante della sua voce, più simile al sibilo di un serpente che ad una voce umana. Come se non potessero convivere e incontrandosi formassero uno stridio silenzioso. Un po' la sensazione del gesso contro la lavagna, ma era un rumore interno che stritolava le viscere di Edward. Era un terrore simile a quello che aveva provato prima, vedendo lo stesso posto di tutti quei suoi ricordi di infanzia che allo stesso tempo era però un posto diverso.
«Mio signore»
Il Signor Jones abbassò il capo e la moglie lo imitò. Edward e Benjamin si limitarono a mantenere lo sguardo sul pavimento, Edward riusciva a percepire nell'amico la sua stessa paura di incontrare il gelido rosso degli occhi del Signore Oscuro.
Tutti i posti della lunga tavolata in legno intagliato erano occupati. Una dozzina di volti, tutti cupi e scuri sotto l'ombra tetra dei loro cappucci, si voltarono verso l'entrata della stanza e questo non poté che aumentare il nervosismo di Edward. Lui era seduto a capotavola. Era la prima volta che Edward lo vedeva: il volto pallido e rovinato come un pezzo di pergamena che troppo a lungo è rimasto dimenticato in un vecchio scaffale, le vene sottili chiaramente visibili sotto quello strato quasi trasparente di pelle e quei freddi rubini degli occhi, che continuavano a far tremare di paura Edward. Si rese conto che non avrebbe mai voluto che si puntassero su di lui.
«Buonasera, mio Signore. Io e mio marito siamo incredibilmente dispiaciuti per questo inammissibile ritardo, per entrambi i nostri ritardi. Siamo lieti anche noi di essere finalmente di ritorno, non »
La signora Jones ci sapeva davvero fare: riusciva a rimanere incredibilmente rispettosa e sobria pur tentando quasi di ammaliare il Signore Oscuro con le sue scuse. Lavoravano al Ministero, lei e suo marito, ed era stato difficile sbrigliarsi dal lavoro per tornare tra i Mangiamorte senza destare sospetti. E sebbene Robert Jones (come gran parte dei Mangiamorte) avesse un lavoro piuttosto marginale, Ellen Jones era un Auror e aveva dovuto pianificare tutto molto attentamente.
L'Oscuro Signore li scrutò, Edward trattenne il fiato sperando fino al midollo che non lo notasse, che il buio lo nascondesse. Ma non fu accontentato, si sentì bruciare dentro, sentì quel dolore dell'ansia nel petto elevarsi all'ennesima potenza. Durò poco.
«Accomodatevi»
Disse il signore Oscuro. Un sorrisetto sadico sfiorò il suo volto per qualche secondo. Fu solo qualche secondo, ma Edward per tutto il resto della serata non sarebbe riuscito a levarsi dalla testa quell'immagine terrificante e... e anche abbastanza buffa, ridicola, allo stesso tempo. Mentre a passi lenti i signori Jones si dirigevano verso i loro posti, Edward diede un occhiata a Benjamin per capire cosa dovessero fare loro due. La verità era che lo terrorizzava l'idea di fare anche un solo piccolo passo falso, lo terrorizzava a morte. Aveva paura di sbagliare perché tutti avrebbero riso di lui, perché sarebbe diventato lo zimbello dei Mangiamorte, perché tutti avrebbero detto che era "come suo padre". Aveva paura perché una sola parola, una sola azione sbagliata sarebbe potuta essere la causa della sua morte.
Da quando i genitori del suo amico gli avevano comunicato che a breve avrebbe incontrato l'Oscuro Signore Edward aveva cominciato a desiderare di non essere mai nato in una famiglia del genere. Aveva cominciato a desiderare che suo padre non fosse un Mangiamorte, che non si fosse unito a Voldemort sedici anni prima e che non fosse finito ad Azkaban nel tentativo di catturare Harry Potter appena pochi mesi prima. Aveva cominciato a desiderare di non essere la persona che era e ad invidiare Ive perché lei aveva avuto la magnifica occasione di ricominciare da capo, di abbandonarsi tutte le scelte sbagliate alle spalle, mentre lui era ancora lì, legato a quella cupa atmosfera di paura e minacce, legato a quegli assassini a quei torturatori.
«Ed!»
Quel sussurro di Benjamin, accompagnato da un cenno della testa verso il tavolo, lo riportò alla realtà. Il Signore Oscuro aveva detto qualcosa, ma il moro non aveva capito. Imitò l'amico, che aveva preso posto accanto ai genitori e si sedette sull'ultima sedia rimasta libera. Troppo teso per muovere la testa anche solo di pochi millimetri, riuscì a scrutare solo con la coda dell'occhio chi aveva vicino. Alla sua destra c'era un uomo imponente, con le spalle larghe e un freddissimo sguardo di verde secco e tetro che continuava a fissarlo insistentemente, facendolo diventare ancora più nervoso di quanto già non fosse.
A sinistra, invece, riconobbe un volto familiare... forse fin troppo familiare. Quante volte aveva visto quelle iridi azzurre ricolme di disprezzo, di indifferenza, di derisione? Quella sera però Draco Malfoy indossava un'espressione impassibile e apatica che stava però a nascondere un sorrisetto soddisfatto.
«Come stavo dicendo, prima che i nostri compagni ci degnassero della loro presenza...»
Da quella maschera di impenetrabilità che il biondo si era dipinto addosso riusciva a trapelare quella scintilla di superiorità e compiacimento.
«Ho deciso di offrire un grande, anzi enorme, opportunità al qui presente signorino Malfoy.» Di nuovo quel sorriso, quell'inquietante terribile sorriso... Edward non sapeva e non voleva sapere quale fosse quell'opportunità, ma sapeva che non era niente di buono e...
«Un'opportunità per rimediare a tutti gli errori di suo padre»
...e probabilmente, anche se in quel momento andava irrimediabilmente fiero del compito che Voldemort gli aveva affidato, Draco prima o poi avrebbe ceduto sotto quel peso che era troppo grande per lui, come era stato troppo grande per Edward.
«Ma... non è il signorino Malfoy il solo che potrà dimostrare di essere migliore del suo indegno genitore.»
E fu in quel momento che Edward congelò sul posto. Fu quell'attimo in cui lo sguardo ardente come un carbone in fiamme, ma gelido allo stesso tempo, del Signore Oscuro incontrò i suoi occhi scuri così semplici e banali. E poi... ancora quel sorriso, ancora quella freddezza, quella lentezza snervante. Di nuovo quel dolore nel petto, di nuovo all'ennesima potenza. Solo che ora tutto era rivolto direttamente a lui, Edward Smith, ed era forse dodici volte più spaventoso.
E quanta paura era l'ennesima potenza per dodici?
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Hoooolllla Hogwartiani!
Sto rimettendo insieme i pezzi di questa storia (un po' di roba vecchia sparsa tra le note del telefono, 'word', le bozze di wattpad e i documenti Google, un po' di cosine che Ho scritto nelle ultime settimane e qualche modifica dell'ultimo minuto).
A presto ( spero perché del capitolo due ho una decina di versioni diverse e devo riuscire a metterle tutte insieme).
Bye
_silvia
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